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ILDEGARDA DI BINGEN
FARMACISTA DI DIO E VISIONARIA

“Il finocchio montano è caldo e contiene una viridità secca. L’uomo che soffre di febbri forti e ardenti riduca il finocchio montano in polvere e mangi di quella polvere con il pane, a digiuno o dopo il pasto: starà meglio. Il calore buono del finocchio montano respinge l’ardore ingiusto misto a freddo. Chi soffre di gotta mangi spesso di quella polvere: la gotta cesserà. Il calore buono del finocchio mitiga il freddo vivace di quella malattia.”

(Liber subtilitatum diversarum naturarum creaturarum, 1151-1158, p. 124).

 

“Il timo è caldo e secco. […] Se negli occhi di un uomo il sangue e l’acqua diminuiscono esageratamente a causa della vecchiaia o di qualche malattia, costui prendo un seme verde di timo e lo guardi fisso finché gli occhi siano umidificati dalle lacrime: la viridità di questo seme elimina dagli occhi ciò che è torbido e li rende puri e lucidi.”

(Liber subtilitatum diversarum naturarum creaturarum, p. 170-171).

Ildegarda di Bingen (1098-1179) fu una religiosa tedesca che entrò in un monastero benedettino all’età di otto anni. Nel 1136 ne divenne superiora, e nel 1150 fondò un monastero a Rupertsberg presso Bingen. Celebre per la sua sapienza nel campo della filosofia naturale, delle discipline mediche ed ermetiche, è una delle più celebri mistiche tedesche. Per FLORILEGIO viene avvicinata nella veste di guaritrice, esplorando la sua vicinanza al mondo vegetale.

Tra le numerose opere composte da Ildegarda di Bingen, il Liber subtilitatum diversarum naturarum creaturarum (1151 – 1158), successivamente smembrato nei due testi Physica e Causae et curae.

In questo trattato, Ildegarda indica come utilizzare a scopo terapeutico gli elementi del mondo vegetale, animale e minerale. La farmacopea della monaca insegna a preparare pozioni e unguenti da assumere per via orale o applicare sul corpo; in alcuni casi, le piante terapeutiche sono legate al mondo della magia. Nel Liber Ildegarda segnala sia le piante che possono essere impiegate nel contrastare le azioni magiche o l’influsso del demonio, sia quelle che agevolano tali condizioni del maligno, causando danno all’uomo. Una delle piante più indagate per l’impiego anti-magico, è la felce. Ildegarda afferma che nei luoghi in cui questa pianta cresce «il diavolo esercita raramente i suoi sortilegi». La pianta, inoltre, consente a chi la porta con sé di evitare «i sortilegi e gli incantesimi dei demoni, le parole diaboliche e altre visioni». Ildegarda spiega che è bene circondare di felci una donna al momento del parto, consigliando di porne anche nella culla in cui il bimbo verrà adagiato.

Un’altra delle piante che Ildegarda impiega per le sue capacità di contrastare gli effetti magici sulle persone è la betonica. In questo caso, essa viene proposta dalla monaca per gli incantesimi d’amore.  Ildegarda sottolinea che la pianta può essere utilizzata nel caso in cui «un uomo è stato ingannato da una donna o una donna da un uomo, grazie a pratiche magiche, o se una donna è stata vittima di un qualunque trucco, o è stata stregata da incantesimi fantastici o diabolici, al punto che l’uomo così affatturato impazzisce d’amore per la donna, o la donna d’amore per l’uomo». La betonica non deve essere stata utilizzata «per alcuna medicina o contro alcun incantesimo», il che propone l’idea di una pianta raccolta in uno stato di “verginità”. Dalla pianta vanno strappate sette foglie, da collocare in altrettanti punti del corpo umano: «una foglia in ciascuna narice, una sotto la lingua, […] una foglia in ciascuna mano, […] una sotto ciascun piede». Infine, la persona deve guardare «fisso la betonica con tutta la forza del proprio sguardo», finché le foglie applicate in precedenza non si saranno riscaldate.

Il principio che guida Ildegarda nella scelta della terapia è il galenico cura cum contra: per la terapia è scelto un elemento le cui qualità sono opposte allo squilibrio che si manifesta nel malato. Ildegarda osserva l’essere umano secondo un principio olistico, che contempla nel malato la presenza di un equilibrio originario da reintegrare. Nelle sue teorie vive la nozione di «viriditas»,  termine che indica lo stato di benessere nella salute degli esseri umani, trattati come se fossero delle piante da parte di guaritori/giardinieri.

Nella sua lunga esperienza Ildegarda ha trattato casi di febbre, tumore, lebbra, epilessia, edema, laringite, depressione, ansia, schizofrenia e problemi ginecologici. Nel Medioevo i monasteri erano luoghi di cura, dove veniva praticato anche l’aborto. Nelle opere di Ildegarda trovano menzione circa centosettantacinque piante, molte delle quali emmenagoghi per stimolare il ciclo mestruale o abortire. La monaca ha a cuore la maternità e la sessualità della donna che vede come pari all’uomo nel rapporto di coppia: il suo coinvolgimento emotivo è la chiave per il concepimento di un figlio e la stabilità del matrimonio. Ildegarda non condanna il corpo e, nonostante condivida l’invito di San Paolo alla modestia, suggerisce all’uomo di servirsi di ciò che il creato offre per armonizzare l’involucro esterno con quello interno.

A Ildegarda dobbiamo un patrimonio di oltre 2000 farmaci naturali che a oggi non trovano impiego in campo medico. Tra questi figurano generi alimentari ottimali come la spelta, ideale per la cura dei disturbi gastro-intestinali e per impedire lo sviluppo delle neoplasie; o le castagne domestiche che contribuiscono alla rigenerazione dei nervi prevenendo la demenza e l’Alzheimer.  L’uso della galanga per la prevenzione dell’infarto miocardico, degli ictus e dell’ipoacusia improvvisa ha rappresentato una scoperta rivoluzionaria e in grado di salvare vite umane. Anche l’effetto del decotto di lenticchie d’acqua è eccezionale per prevenire le neoplasie e come profilassi delle recidive tumorali. Ancora, la cura di finocchio è considerata un metodo pionieristico nel trattamento di oltre 20.000 patologie autoimmuni.

Nel suo ultimo lavoro visionario sulle opere divine, Liber Divinorum Operum, Ildegarda scrive: “La Creazione è piena di forze guaritrici che nessuno può conoscere se non sono rivelate da Dio”.

1.

Apprezzata ed usata fin dall’antichità, la Betonica officinalis, era ritenuta una pianta dalle importanti proprietà medicinali, addirittura creduta magica. Le foglie venivano usate per preparare tisane ed aromatizzare le bevande. Era così conosciuta che il suo nome era associato a quelle persone che venivano a sapere “tutto di tutti”, in particolare alle comari. La betonica è da sempre particolarmente apprezzata ed usata come rimedio naturale contro il mal di testa. Il nome di questa pianta potrebbe trovare radice nella parola celtica “betony” il cui significato è “buona testa”. La Betonica, Stachys officinalis, è ricercata per i suoi moltissimi impieghi nella medicina. Il nome Stachys, “spiga”, deriverebbe dalla forma dell’infiorescenza.

2.

Illustrazione da O. WILHELM, Flora von Deutschland, Osterreich und der Schweiz, Tomo, Vol. 3, 1888.
Il finocchio (Foeniculum vulgare) è una pianta erbacea mediterranea della famiglia delle Apiaceae (Ombrellifere). Conosciuto fin dall’antichità per le sue proprietà aromatiche, la sua coltivazione orticola sembra che risalga al XVI secolo. Si ritiene originario dell’Asia minore, ma il finocchio era diffuso in tutta l’area mediterranea: infatti era conosciuto dagli egizi, dai greci e dagli arabi. Oggi le maggiori aree di produzione sono rappresentate da India, Egitto, Pakistan, Cina, Indonesia e Argentina. Il Finocchio selvatico è una delle erbe da più tempo conosciute; per secoli è stato utilizzato a scopo prevalentemente alimentare e solo in seguito si apprezzarono le sue proprietà curative. Il Finocchio è una pianta dalle innumerevoli proprietà terapeutiche, con una particolare azione antispasmodica, diuretica, digestiva ed espettorante. Evita infatti l’accumularsi di liquidi e stimola l’appetito in casi di anoressia e inappetenza. È ottimo come digestivo ed efficace nella cura di coliche e meteorismo, contribuendo a diminuire i gas gastrici e intestinali.

3.

Il nome del genere deriva dal greco ‘drys’, quercia, e ‘pteris’, felce, poiché́ gli antichi chiamavano con questo nome una felce che cresceva ai piedi delle querce. L’epiteto specifico dal latino ‘filix, -icis’, felce, e ‘mas, maris’, maschio, nome nato probabilmente in confronto con una specie apparentemente simile, Athyrium filix-femina. Il suo rizoma è noto dai tempi più lontani per le sue proprietà vermifughe, in particolare contro la tenia.
Della felce, infatti, gli antichi avevano un sommo rispetto; ne conoscevano tutte le virtù positive, in gran parte riconosciute anche oggi dalla medicina ufficiale. Considerata addirittura la “pianta delle streghe” fu adoperata, si diceva, per i suoi magici filtri e opportunamente manipolata per rendere invisibile una persona.
Secondo il grande medico Jean Vannet, con le foglie secche si fanno pagliericci vivamente consigliati per i bambini gracili, rachitici, enuresici e reumatizzati e per i soggetti affetti da crampi e cefalee. Le foglie di felce allontanano le mosche, le pulci e le cimici. La felce nelle scarpe fa scomparire la fatica e riscalda i piedi. Le algie reumatiche scompaiono applicando localmente alcune foglie di felce. Nei casi di crampi ai piedi e ai polpacci, avvolgere la parte con una foglia di felce. Contro l’ipoacusia dovuta a raffreddamento dormire sopra un’orecchia riempita di foglie verdi di felce. Secondo l’antichissima magia naturale la felce serviva da giaciglio agli amanti e agli ubriaconi.

4.

“Dove c’è il timo pascolano le api” scrisse Virgilio, per indicare il forte richiamo che esercita questa pianta mellifera sull’operoso insetto. Ma il Thymus vulgaris ha goduto soprattutto i favori come pianta medicinale per curare le forme asmatiche, contro i vermi intestinali, per favorire il mestruo e come diuretico. Come condimento è stato egualmente molto utilizzato per aromatizzare i cibi. Il Timo è utilizzato nella cura di una vasta gamma di disturbi, in particolare a carico dell’apparato respiratorio, in quanto svolge un’efficace azione antisettica, balsamica ed espettorante. In questo modo disinfetta l’intero apparato respiratorio, facilita l’espulsione del catarro da bronchi e polmoni e combatte le malattie da raffreddamento. È utile per calmare gli attacchi di tosse e asma. Possiede preziose proprietà toniche digestive e depurative che si rilevano particolarmente efficaci nella cura e nel trattamento di fermentazioni e infezioni gastrointestinali, normalizzando i processi digestivi, stimolando l’appetito e favo- rendo il funzionamento del fegato. In presenza d’infezione sembra inoltre in grado di stimolare la produzione di globuli bianchi.

5.

La galanga (nome scientifico Alpinia officinarum) è una pianta originaria dell’Asia orientale, che cresce generalmente in zone umide e con terreno ben drenato. Si può considerare simile allo zenzero, di cui condivide l’appartenenza alla stessa famiglia, per il suo sapore pungente. Anche per questa pianta, infatti, la parte commestibile è rappresentata dalla radice, preferibilmente fresca, da schiacciare prima dell’utilizzo per ammorbidirla ed esaltarne il sapore. Questa radice favorisce la regolarità intestinale e aiuta la digestione, combatte la nausea e anche il bruciore di stomaco. Alcune leggende attorno alla galanga tramandano che sia molto potente come stimolante del desiderio sessuale, negli uomini, e molto efficace nel cacciare le presenze demoniache.

6.

Il Triticum vulgare o sativum o aestivum, anche conosciuto come grano tenero, è una pianta erbacea annuale appartenente al genere Triticum, famiglia Poaceae. L’estratto acquoso di Triticum vulgare, noto comunemente come frumento o grano tenero, si ottiene dal germe. Quest’ultimo interviene nei processi di riparazione dei tessuti: stimola la chemiotassi e la maturazione dei fibroblasti.
Il grano tenero possiede un alto contenuto di fibre e per tale ragione facilità lo svolgimento delle funzioni intestinali e anche la digestione. Questo cereale è totalmente privo di colesterolo, dunque anche chi soffre di problemi cardiovascolari può consumarlo tranquillamente. Il grano tenero inoltre sazia molto, riducendo di conseguenza l’appetito. È quindi indicato per chi attua un regime alimentare sano ed equilibrato e desidera mantenere la forma fisica. Il grano tenero è ricco di vitamina PP (la Niacina) che agisce sugli acidi grassi dell’organismo ed evita la comparsa delle dermatiti e della dissenteria. Vi troviamo anche il magnesio, che mantiene intatta la salute dei dentie l’amido che è fonte di glucosio benefico per l’energia mentale e per i tessuti.

7.

Brassica Rapa L., si tratta di un ortaggio eccezionale, ricco di vitamina C e vitamina A, oltre che di fibre e acido folico. In generale, le cime e le foglie di rapa sono alimenti a basso apporto energetico. Le calorie sono distribuite equamente tra fruttosio e proteine a basso valore biologico e, oltre ad essere prive di colesterolo, contengono un buon apporto di fibra alimentare.
Tra i sali minerali spicca il ferro, utile nel trattamento delle anemie da carenza di ferro (sideropeniche), ma anche il calcio è ben presente, soprattutto nelle foglie. Per quel che concerne le vitamine, le foglie sono più ricche di niacina rispetto ai broccoletti ma entrambi gli alimenti contengono ottime quantità di vit. A (sotto forma di carotenoidi) e di vit. C. Anche se non menzionati, sono presenti in buone concentrazioni sia i folati (necessari in grosse quantità per la dieta della donna gravida), sia gli antiossidanti con funzione antitumorale.
L’unica controindicazione al loro consumo si riferisce al notevole contenuto in purine, molecole scorrettamente metabolizzate da chi soffre di iperuricemia e/o gotta.

8.

Il Brassica oleracea L. o più comunemente cavolo è il nome scientifico con il quale si racchiudono tutte le circa150 varietà che conosciamo di questo ortaggio (es: cappuccio, cavolfiore, verza, cavolo nero ecc.). Appartenente alla famiglia delle Crucifere, il cavolo è una delle verdure più nutrienti e salutari al mondo; è ricco di vitamina A e C, omega 3 e 6, calcio, ferro e fibre. Tra le sue numerose proprietà si ricordano quelle antinfiammatorie, antiossidanti ed è particolarmente indicato in caso di ascessi, cistiti, ulcere gastriche. I romani utilizzarono per secoli il cavolo, sia come medicinale, sia come pietanza. Mentre il popolo consumava ogni parte dell’ortaggio, i palati più raffinati delle classi elevate si limitavano a cibarsi dei germogli freschi e del fusto, cioè le parti più gustose. I cavoli sono depurativi, remineralizzanti e favoriscono la rigenerazione dei tessuti. Possono essere consumati anche in caso di diabete. Secondo alcuni studi tra le principali proprietà di questo ortaggio vi è anche quella di prevenire il cancro al colon e l’ulcera. Per uso terapeutico si usano di solito il cavolo Cappuccio e il cavolo Verza. La clorofilla in essi contenuta favorisce la produzione dell’emoglobina ed è utile per curare l’anemia.

Ricerca Iconografica e didascalie argomentative di Chiara Di Maria
1. Betonica officinalis, Stachys officinalis (L.) Trevis, nota anche come Vettonica, Trattato di erbe officinali, Vol.2, 1803.
2. Foeniculum officinale as Foeniculum vulgare, comunemente noto come Finocchio dolce.
3. Aspidium filix-mas, comunemente nota come Dryopteris filix-mas, Illustrazione da G.Hughs, Le Driopteridacee, 1830.
4. Thymus vulgaris L., Illustrazione tratta da un manoscritto di ambito lombardo del XIX secolo.
5. Alpinia officinarium, comunemente conosciuta come Galanga alpina, Illustrazione, XVIII secolo.
6. Triticum aestivum ssp. Spelta, detta anche granfarro e commercializzata prevalentemente come farro spelta, Illustrazione, XX secolo.
7. Brassica Rapa L., Illustrazione tratta dal Trattato delle Brassicacae, inizio XX secolo.
8. Brassica oleracea: root, leaf, flowers, fruit and seeds, Coloured etching by M. Bouchard, 1722.

Wim Mertens, Moss You Are

Melodia circolare, andatura avvolgente, delicatezza lirica. Fasciante come sa essere il muschio. Il pianoforte di Wim Mertens scandisce dolcemente e con prudenza il tempo e accenna al tema iniziale, un quintetto di archi entra in scena e conduce la morbida partita, dialogando con il piano. In alcune versioni dal vivo ci sono anche momenti di voce. Nell’insieme un continuo gioco di domande e risposte.
“Moss you are” fa parte del disco “Dust Of Truths”, pubblicato nel 2016 conclude la trilogia iniziata con “Charactersketch” e seguita da “What Are We, Locks, To Do?”. Complessivamente un’opera di grande musica, innovazione, senso della sperimentazione, brani inediti per pianoforte e un’orchestra d’impianto sinfonico.
In concerto “Moss you are” è spesso presentata da un ensemble formato da Tatiana Samouil, violino; Bert Van Laethem, violino; Liesbeth De Lombaert, viola; Lode Vercampt, violoncello; Ruben Appermont, contrabasso e naturalmente Mertens, piano e voce. Una versione con questa formazione è presente anche nel cofanetto “Nature’s Largess”, una registrazione live realizzata al Bozar di Brussels, prima esecuzione assoluta del 21 ottobre 2016.
Un brano di grande fascino, ampio (con una durata che supera gli otto minuti). Come una ricerca della realtà nelle sue forme fondamentali, quindi rappresentata in strutture (geometriche) essenziali. Nel finale la musica va come a scomparire, giocando su decisive sottrazioni. L’effetto curativo, se ce ne fosse bisogno, è assicurato.
Giampiero Bigazzi

Giampiero Bigazzi


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FLORILEGIUM
a cura di Rita Selvaggio e Sofia Silva
Ricerca Iconografica e Apparati: Chiara Di Maria
Wim Mertens, brano selezionato da Giampiero Bigazzi
27 Ottobre 2022 – 26 Gennaio 2023

Programma legato ai temi di “PUPILLE. Ci fioriscono gli occhi se ci guardiamo”, mostra collaterale all’esposizione “Masaccio e Angelico. Dialogo sulla verità nella pittura” promossa e organizzata dal Comune di San Giovanni Valdarno e inserita nel progetto “Terre degli Uffizi” ideato e realizzato da Gallerie degli Uffizi e Fondazione CR Firenze, all’interno delle rispettive iniziative Uffizi Diffusi e Piccoli Grandi Musei”.[/vc_column_text]

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